Lodi, la mediazione fallita del vescovo e della Caritas
Lodi, manifestazione del "Coordinamento uguali doveri" e delle mamme |
LODI - Ci ha provato anche il vescovo, mons. Maurizio Malvestiti a farle cambiare idea. Ma la sindaca di Lodi Sara Casanova è andata avanti per la sua strada. La delibera, con cui stabilisce per i residenti stranieri che vogliano accedere alle prestazioni sociali una lista di documenti da presentare più lunga rispetto agli italiani, è rimasta invariata. "Dopo l'intervento personale del Vescovo, a inizio settembre ho scritto una lettera alla Sindaca - spiega don Andrea Tenca, direttore della Caritas Lodigiana - . Lettera con cui le spiegavo i grossi problemi che stavano incontrando le famiglie da noi seguite per farsi fare le certificazioni dalle autorità dei loro Paesi d'origine". La delibera (la n.28 del 2017) prevede infatti che, per ottenere tariffe agevolate per le prestazioni sociali, gli immigrati debbano presentare, oltre all'Isee, anche i certificati che dimostrano di non possedere bene mobili e immobili o redditi nella nazione da cui provengono. La delibera è dell'ottobre del 2017, ma i suoi effetti si sono sentiti soprattutto nel settembre scorso, alla vigilia dell'inizio del nuovo anno scolastico (2018-2019), quando circa 200 bambini sono di fatto rimasti esclusi dal servizio mensa, perché non è stata loro riconosciuta la tariffa ridotta. I loro genitori non sono riusciti ad ottenere i certificati nei rispettivi paesi di origine. "Alcune famiglie hanno problemi per ottenere anche il sostegno affitti -aggiunge don Andrea- o il contributo al pagamento delle bollette, oltre che tutti i servizi scolastici (mensa, scuola bus, pre o post scuola, ndr)".
Per protestare contro la decisione della Giunta lodigiana, si è anche costituito un "Coordinamento Uguali Doveri", di cui fanno parte 45 realtà, tra le quali Caritas, Acli, diverse associazioni di immigrati, Cgil, Arci, Emergency e le forze politiche di opposizione. Hanno lanciato una raccolta fondi, che in pochi giorni ha raccolto oltre 60 mila euro, che serviranno per pagare il servizio mensa alle famiglie escluse dal Comune. E oggi hanno organizzato un presidio che durerà fino a sera, in piazza Broletto, di fronte al Municipio. In mattinata hanno chiesto per due volte di essere ricevuti dalla Sindaca o dal vice sindaco, ma entrambi oggi "non sono in Municipio" hanno risposto dalla portineria. "La raccolta fondi è stata un grande gesto di solidarietà da tutta Italia - sottolinea Silvana Cesali, ex assessora alle politiche sociali e una delle portavoci del Coordinamento-. Ma il nostro obiettivo è che la delibera venga cambiata, eliminando ogni forma di discriminazione verso le famiglie straniere". In queste settimane tra i genitori dei bambini esclusi c'è chi ha scelto di pagare la quota intera, pur di non fare sentire il figlio discriminato, chi ha deciso di farli mangiare a casa e chi di dare loro un panino (ma questi ultimi mangiano in un'aula separata dalla mensa). "I miei mangiano a casa -racconta l'imam della moschea di Lodi, Mohammed Ahmmid-. Ho due figlie, mi verrebbe a costare più di dieci euro al giorno. Anch'io non me lo posso permettere. Chiediamo alla Sindaca di ripensarci, perché i bambini sono tutti uguali e come tali vanno trattati".
Il Coordinamento e le mamme oggi in piazza sperano in un ripensamento della Sindaca, ma soprattutto nell'intervento della magistratura. Assistite dall'avvocato Alberto Guariso, dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, hanno presentato in Tribunale un ricorso per discriminazione. "È lo Stato, come previsto dal Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 159 del 2013 che stabilisce i criteri con cui si accerta se una persona è povera o meno e non il singolo comune -spiega Alberto Guariso-. Questo Decreto del 2013 regola l'Isee e disciplina i criteri di accesso alle prestazioni sociali agevolate prevedendo che le regole ivi stabilite costituiscono 'livello essenziale delle prestazioni' ai sensi dell’art. 117 Cost. e dunque tutte le Amministrazioni, allorché erogano una prestazione sociale, sono tenute ad attenersi ai quei criteri. Non è pensabile che ogni comune o ente locale aggiunga criteri o certificati a piacimento. Una persona è povera sia a Milano che a Palermo, allo stesso modo". (dp)