Riforma terzo settore, primi passi verso il testo finale
ROMA – Sono giorni e settimane decisive per la legge delega di riforma del terzo settore. Se qualcuno, verrebbe da dire, ha qualcosa di importante da proporre, meglio si affretti a farlo ora perché passata la fase che è in corso (e che porterà al testo che sarà votato in Aula al Senato) sarà poi molto difficile cambiare ancora. In Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, dove il provvedimento è fermo da mesi dopo l’approvazione dell’aprile 2015 alla Camera dei deputati, il lavoro sembra andare lentamente, anche a causa delle ripetute convocazioni del Parlamento in seduta comune per eleggere (o meglio, per non eleggere, viste le ripetute fumate nere) i giudici della Corte Costituzionale. In ogni caso, nel corso dell’ultima seduta il relatore del provvedimento, il senatore Pd Stefano Lepri, ha provveduto a depositare i testi di due nuovi emendamenti che mettono nero su bianco l’accordo raggiunto dentro il Pd su due singoli aspetti del testo. Emendamenti sui quali il termine per la presentazione dei sub-emendamenti è scaduto oggi alle 12.
Le due proposte di modifica riguardano il primo comma dell’art. 1, quello che definisce l’oggetto della norma, e la lettera a) dell’articolo 3, sui criteri e principi a cui attenersi nella revisione del libro primo del codice civile. Si tratta di riformulazioni che chiariscono meglio le norme rispetto alla versione votata dalla Camera: nessuna rivoluzione, ma in ogni caso un passo avanti verso la definizione del testo finale. Sono emendamenti, spiega lo stesso relatore, che hanno ricevuto il via libera anche da parte dei deputati Pd che alla Camera si occupano della riforma del terzo settore, e sui quali anche il governo ha espresso via libera. Dovranno passare al vaglio della Commissione e poi dell’Aula, ma rappresentano un punto di incontro destinato con ogni probabilità ad essere approvato. Nei prossimi giorni e settimane il lavoro di confronto, in Commissione e non solo, continuerà anche sugli altri articoli, compresi quelli sui temi più delicati.
Quanto agli emendamenti presentati, il primo (1.100) sottolinea il “fine di sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono a perseguire il bene comune” e conferma la delega al governo ad adottare, entro 12 mesi dall’entrate in vigore della legge, uno o più decreti legislativi in materia di disciplina di riforma del Terzo settore. Nella definizione che il comma 1 dà di “terzo settore” si specificano meglio, rispetto al testo della Camera, le finalità di utilità sociale e si menzionano espressamente le “forme di azione volontaria e gratuita”, che si aggiungono a quelle di “mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi” che già erano state inserite nel testo votato a Montecitorio. Inoltre, l’emendamento esplicita che anche le fondazioni bancarie (oltre alle formazioni e associazioni politiche, ai sindacati, alle associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche) non fanno parte del Terzo settore.
Il secondo emendamento 3.100 interviene sui principi e criteri direttivi che i decreti legislativi adottati dal governo dovranno rispettare, e in particolare stabilisce che tali decreti dovranno non solo “rivedere e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica” degli enti del terzo settore, e “prevedere obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente” ma dovranno anche “definire le informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi”. (ska)